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D come Domina. Nei meandri del mio egoistico piacere, al di là del bene e del male.
di Mistressedoggy
24.04.2019 |
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"Nel mentre la collezione di giochini si arricchì di nuove taglie di plug e dildo per il suo culetto, che si apriva sempre più..."
Com'era iniziato quel gioco? Per mesi mi ero occupata di addomesticare quel giovane impiegato, approfittando della sua educazione e gentilezza. Volevo abituarlo a eseguire tutto ciò che gli chiedevo: stare in ufficio in mia compagnia sino a tardi, cosa che mi faceva molto piacere, fargli spostare il mobilio della mia stanza e altri compiti, spesso inutili o senza senso, che esulavano dal lavoro per cui era pagato. Tali richieste mi permettevano di avere la sua attenzione e obbedienza, come riflesso spontaneo e istintivo. A dire il vero, mi ero accorta di avere già la sua attenzione, prima ancora di aver pensato di ottenerla, per come il suo sguardo tradiva interesse nei confronti della mia persona. La cosa non mi dispiaceva, perché lui cercava di nascondere il suo desiderio e rispettava ligio il ruolo formale richiesto in ambiente lavorativo. Quando io mi divertivo a lanciare dei segnali ambigui, il suo viso s'illuminava di rosso e la sua voce tremava. Seppi più tardi, da lui, che dubitava che io potessi interessarmi a un mio sottoposto e che dunque pensava di travisare follemente certi sguardi e movimenti, che di tanto in tanto io gli dedicavo. Per me invece era chiaro che potevo averlo, così come mi ero sempre presa, a partire da una certa età, in cui ero diventata più consapevole di me stessa e delle mie qualità, tutto ciò che desideravo.
Ma una buona cacciatrice pazienta tutto il tempo che serve, per attendere il momento giusto, in cui avere la sua preda, e soddisfare la sua fame.
Ci sono quegli uomini che recitano la loro parte di maschi virili, come richiesto da questa società, cercando di spiccare agli occhi delle donne, più giovani e carine, con i loro atteggiamenti fintamente decisi e con il fare dell'ultimo uomo rimasto sulla Terra, a fronte di milioni di donne. Questa categoria mi aveva stufata da tempo. Ero stata a lungo un trofeo di questo tipo di maschi, attenta al loro godimento, prima che al mio. Mi ero costruita la mia esperienza, da ragazzina, concedendomi a uomini più grandi di me, che si erano divertiti a usarmi, senza domandarsi se anch'io avessi delle curiosità da soddisfare. Queste curiosità con il tempo erano diventate delle esigenze. Crescendo, i corpi di quegli uomini, non riuscivano più a farsi desiderare dai miei occhi, né le loro attenzioni mi eccitavano come un tempo. Così, notando un certo successo anche presso categorie maschili d'età inferiore, avevo cominciato a usufruire di corpi più intriganti e curati, dimenticandomi ben presto pancetta, peli superflui e modi dominanti.
Si, così come era stato spontaneo, per me, servire i miei partner più grandi, così tale propensione la riscontravo in quelli più piccoli. Felici di leccarmi con cura i piedi o il culetto, senza chiedere nulla in cambio. Più disponibili a seguire le mie fantasie, perché interessati ad apprendere l'arte dell'amore dalla mia superiore esperienza. Sentivo di essere passata dall'altra parte, di quella frontiera invisibile, che mi aveva diviso dai miei primi uomini. Ora ero io che seguivo le mie pulsioni e avevo bisogno di possedere dei bei corpi disponibili e prestanti. Non volevo più accontentarmi o dover fingere orgasmi per compiacere un uomo, volevo godere e sperimentare, senza vincoli. Certo, non sarei andata a vantarmi con le mie amiche, tutte sposate con uomini più grandi, che probabilmente avrebbero invidiato la mia audacia e fortuna, ma forse avrebbero anche biasimato la mia condotta, per rassicurare i mariti e loro stesse. Avrei custodito quelle avventure come trofei privati, a cui ripensare in compagnia dei miei sex toys.
Il motivo per cui avevo deciso di attendere, prima di servirmi di quel ragazzo, era dovuto al fatto che è sempre poco savio intraprendere delle avventure in ambito lavorativo. Così avevo deciso di studiare la situazione ed elaborare la giusta strategia d'azione. La prima cosa che avevo notato, era la sua poca propensione a dare confidenza agli altri colleghi. Lui era il classico tipo che fa il suo lavoro, senza eccedere in comportamenti conviviali. Un tipo così, non va in giro per l'ufficio a raccontare chi 'si è fatto' il giorno prima, e tale condotta per me era lodevole e auspicabile. Altro punto a sua favore era l'estrema gentilezza con cui eseguiva tutto quello che gli domandavo, spesso anche mettendo alla prova la sua pazienza, come quando, di tanto in tanto, gli chiedevo di portarmi l'auto sotto l'ufficio, per evitarmi un lunga camminata sui miei tacchi alti. Trascuro di dire che, oltre a essere riservato e sottomesso, aveva anche un bel corpo ed era intelligente, perché queste qualità sono il minimo che io merito, dato che io stessa le possiedo in larga misura.
Ma volevo essere sicura che mai e poi mai, se io avessi deciso di servirmi di lui, per soddisfarmi, avrebbe raccontato i nostri giochi ad anima viva. Avevo notato come il giocare con il culetto femminile fosse un qualcosa di cui i maschi si vantano con i loro pari, così come si vergognano di raccontare di essere stati penetrati, anche solo, da un dito della loro donna. Dunque, quando vuoi essere sicura che un uomo eviti di raccontare di essere stato intimamente con te, sarò schietta e diretta, ciò che devi fare è usare il suo culo, come desidererebbe fare lui con il tuo. Parafrasando quell'altro, potrei affermare 'fai a lui ciò che lui vorrebbe fare a te e non avere limiti, così come non vorrebbe averli lui con te'.
Un giorno, mi decisi a far scattare la mia trappola (già narrata, dal mio doggy, nel primo racconto) e dopo averlo messo in una situazione imbarazzante, una sera all'interno del mio ufficio, approfittai della cosa per indurlo a leccare, prima le mie scarpe eleganti, poi i piedi e infine passare a stimolare il suo buchetto. Notando con stupore la sua docilità nel lasciarsi usare da me, avevo voluto testare sin dove sarebbe arrivato. O forse è meglio dire che, l'eccitazione, derivata dal suo essere così troietta, mi fece mettere da parte qualsiasi freno inibitore, finendo per farmi infilare il mio deodorante dentro il suo bel culetto tondo e stretto, lasciandolo in una situazione di estrema confusione. Ero certa che, il giorno dopo, non avrebbe mai ammesso con nessuno, anche se messo alle strette, di essersi intrattenuto con me in tale modo. Ero fuggita senza avvisarlo, perché, dopo avergli fatto ciò che ho narrato, la mia fighetta aveva cominciato a pulsare e scaldarsi, rischiando di farmi perdere la ragione e finire per volerlo accogliere dentro di me, sin da subito. Ma tale cosa, quando ci si lavora un toy boy, è assolutamente da evitare. Bisogna mantenere il controllo, facendolo perdere a lui, per porre le basi di un rapporto dove sia l'uomo a dover dare e la donna, da lui bramata, a potere prendere a sua discrezione. Alcuni sintetizzano questa situazione con l'espressione 'tenere per le palle'. Era esattamente ciò che avevo imparato a fare, col tempo, acquisendo sempre più pratica.
Non dico che, prima di conoscere questo nuovo ragazzo, io vivessi in un convento, perché sarebbe una grossa menzogna. Ma posso dire che aveva suscitato in me un particolare interesse, per non dire perversione, dopo aver scoperto quanto fosse mansueto nel prestarsi ai miei giochi. Per questo, al posto che pensarlo come un semplice toy boy, l'idea che mi ero fatta di lui, era quella di un cucciolo di mia proprietà, il mio doggy appunto.
E' così che mi ritrovai connessa alla rete a scegliere un collare e un guinzaglio che gli stessero bene e, ricordando la sua passività nel concedermi il suo culetto, ordinai anche uno strap-on (e altri giochini vari). Attesi l'arrivo del mio pacco prima di concedergli di giocare di nuovo con me. Lo lasciai un po' friggere nell'olio dei suoi desideri. E, al secondo incontro, lui sembrò aver intuito le mie fantasie, forse anche perchè lo avevo ufficialmente soprannominato 'doggy', facendosi trovare già a quattro zampe, così come io l'avevo sognato. Fu la mia prima volta: misi quella cintura e lo penetrai con il mio fallo, inculandolo con gioia, come altri avevano fatto con me in passato, per sentirlo gemere e mugolare, così come effettivamente fece.
La sensazione di potere e di possesso mi inebriò fortemente. Cominciai a cercare, in rete, articoli e video circa la sottomissione e altre pratiche collegate. Nella mia mente s'innescò un nuovo modo di concepire il ruolo maschile, e si definì quell'indole dominante che stava emergendo in me da qualche anno. Sin dall'inizio, mi spinsi oltre il consentito e, vedendo lui così arrendevole e ben disposto nei miei confronti, approfittai della cosa, anche per scoprirne i limiti. Ma, quando lui lasciò che io lo bagnassi con la mia pioggia dorata, pulendomi poi con la sua lingua, capì che, da quel momento in poi, avrei potuto usare quel corpo a immagine e somiglianza dei miei desideri più segreti e fu esattamente quel che feci, a volte facendomi anche supplicare, da lui, per farlo.
Passai dei mesi a sperimentare liberamente tutto ciò che desideravo, spesso legandogli le zampette e ancora più spesso bendandolo, per fargli perdere qualsiasi controllo residuo potesse ancora avere. A volte anche premiandolo, al termine dei giochi, con la mia bocca o con gli altri due buchetti da lui agognati. Sapeva bene che era un grande privilegio potermi avere, e sopratutto sapeva che non doveva mai chiederlo, ma solo servirmi, per invogliarmi a dargli il desideratissimo premietto: potermi riempire col suo seme.
Per compensare il mio non poter raccontare ciò che facevo a chi conoscevo, creai un profilo su Annunci69. Ispirandomi ad alcuni profili di coppia, in cui il lui esibiva orgoglioso la propria compagna in pose oscene, io feci lo stesso col mio doggy. Quando gli mostrai, a cose fatte, quel profilo, lui si eccitò moltissimo, come già intuivo, e si propose di scrivere dei racconti per narrare i nostri giochi e diffondere il mio esempio: è anche a questo che servono i devoti fedeli. Ma, per inquadrare meglio una situazione, è sempre meglio vederla da più punti di vista. Ed è per questo che ho voluto completare il quadro, con il mio.
Nel mentre la collezione di giochini si arricchì di nuove taglie di plug e dildo per il suo culetto, che si apriva sempre più.
Finì per ordinare una mano di silicone, il cui diametro massimo supera i 7 cm, e infine cedetti anche all'acquisto di un frustino, con da una parte delle piume e dall'altra una paletta foderata di cuoio. Inizialmente, il mio maschietto, si dimostrò spaventato dal mio scettro doloroso, ma lo rassicurai dicendogli che desideravo solo un qualcosa da tenere tra le mani, per ricordargli e ricordarmi chi comandava. E così fu, sinché incuriosito, non mi chiese di potere provare sulla sua pelle le sensazioni date da quel nuovo gioco.. Quel frustino lo aiutò a migliorare i suoi servigi, correggendolo ogni qual volta non compiva un ordine alla perfezione. Ovviamente, la perfezione è una qualità arbitrariamente stabilità, di volta in volta, dal mio umore. Quando notavo di averlo provato troppo, lo accoglievo tra le mie braccia e lo coccolavo dolcemente, come anche lui faceva con me, quando gli era consentito, finendo spesso per fare l'amore con passione e trasporto, come poche volte mi era accaduto. Insieme eravamo liberi di essere e di provare piacere.
La mano di silicone invece, essendo dotata di una ventosa, mi limitavo a fissarla al pavimento, all'inizio dei nostri giochi, e ordinargli 'seduto' (sopra), così da potergli permettere di leccarmi e insieme di allenare il suo culetto. Chi ha detto che un uomo non riesce a fare due cose contemporaneamente? Lo scopo di tale training era permettere al suo buchetto di accogliere la mia mano dentro, sino al polso, e farmi felice. Che era la sola cosa a cui lui importava.
Spesso tutti questi giochi erano preceduti da un bagnetto, del particolare tipo già detto, e, dopo averlo rilavato bene con acqua e sapone, dal cospargere il suo corpo con dell'olio, per farlo risplendere come quello di uno schiavo da esibizione, il mio schiavo tuttofare, del quale ero molto orgogliosa.
A questo punto, potrei anche usare il presente, perché il mio racconto è arrivato a tale tempo, e la mia mano attende ancora di entrare, oltre la prima parte del palmo, e i nostri giochi ancora in evoluzione, e in attesa di essere condivisi, dal vivo, con altri utenti conosciuti su questo sito.
Potrei cercare di trovare una morale a tutta questa narrazione.
Per gli uomini potrebbe essere quella di riconsiderare le donne e ridefinire i modelli mentali desueti. Cominciando a mettere in conto che le vostre compagne possano avere dei desideri che reprimono per farvi piacere. Quando invece, lasciandole esprimere, potreste scoprire nuove forme di godere, in maniera meno scontata, rispetto a quelle a cui siete abituati e oltre le quali non riuscite ad andare, con la vostra sola fantasia.
Per le donne invece è di stringere le cosce e farsi desiderare. Mettere alla prova gli uomini, per vedere se sono degni di averci. Se non lo sono, cercare altrove. Ma se si dimostrano obbedienti, sappiate ricompensarli con la stessa dedizione con cui essi vi venerano.
Non si può educare una capra a diventare un uomo vero, ma si può educare un vero uomo (ossia uno che non ha paura di perdere la propria virilità ed è aperto a ogni gioco) a essere tutto ciò che voi volete che sia: anche un doggy obbediente e affettuoso, come il mio.
Siccome i precedenti racconti hanno creato una polemica tra coloro che 'io non sono maschilista ma', immagino che anche questo, a maggior ragione perché scritto da me, Donna e per giunta Dominante, ne susciterà maggiori. "Non importa che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli", mi farò forza con questa frase di Oscar Wilde.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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